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L’azione revocatoria nella liquidazione giudiziale: disciplina e finalità
Nel contesto della liquidazione giudiziale – la nuova denominazione del fallimento nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCI) – l’azione revocatoria fallimentare rappresenta uno strumento essenziale per il recupero dell’attivo e la tutela della par condicio creditorum. Questa azione consente alla procedura di “recuperare” beni o diritti usciti ingiustamente dal patrimonio del debitore in un periodo sospetto prima dell’apertura della liquidazione giudiziale.
L’azione revocatoria nella liquidazione giudiziale è una azione di inefficacia relativa, disciplinata oggi dagli artt. 166 e ss. del CCI, e si affianca alla revocatoria ordinaria prevista dall’art. 2901 c.c. rispetto agli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori. Tuttavia, a differenza di quest’ultima, la revocatoria concorsuale ha carattere speciale, presuppone lo stato di crisi irreversibile del debitore e mira a reintegrare la massa attiva, annullando gli atti pregiudizievoli compiuti nell’“intervallo sospetto”.
L’azione può essere proposta dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, nei confronti di terzi che abbiano ricevuto dal debitore atti dispositivi patrimoniali in un periodo determinato prima dell’apertura della liquidazione giudiziale.
I principali presupposti sono:
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che l’atto sia pregiudizievole per i creditori;
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che l’atto sia stato compiuto in un determinato periodo antecedente alla sentenza dichiarativa di apertura della liquidazione giudiziale (cosiddetto periodo sospetto);
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che ricorrano eventuali elementi soggettivi di consapevolezza da parte del terzo, a seconda del tipo di atto.
Gli atti revocabili includono:
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Atti gratuiti compiuti nei due anni anteriori alla data di apertura della liquidazione giudiziale (es. donazioni);
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Pagamenti di debiti scaduti effettuati nell’anno anteriore, se il terzo era consapevole dello stato di insolvenza del debitore;
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Atti a titolo oneroso (es. vendite, permute) se vi è sproporzione tra le prestazioni e se il terzo era consapevole dello stato di insolvenza;
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Costituzioni di garanzie reali per debiti preesistenti compiute nell’anno anteriore.
Non sono soggetti a revocatoria:
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i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
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i pagamenti di retribuzioni e contributi previdenziali;
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gli atti compiuti in esecuzione di un accordo omologato o di un piano attestato di risanamento.
Queste esclusioni si giustificano in ragione della loro funzionalità al mantenimento dell’impresa o alla tutela dei diritti dei lavoratori e dei rapporti previdenziali.
La dichiarazione di inefficacia comporta che i beni o i valori oggetto dell’atto tornano nella disponibilità della massa attiva. Il terzo può essere condannato alla restituzione del bene o, in mancanza, al risarcimento del danno per equivalente.
Il terzo che ha ricevuto il bene o ha beneficiato dell’atto può opporsi all’azione revocatoria dimostrando, ad esempio:
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la buona fede e l’assenza di consapevolezza dello stato di insolvenza;
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che l’atto è stato necessario per evitare un danno più grave;
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che rientra nelle ipotesi escluse dalla revocatoria.
L’azione deve essere esercitata entro cinque anni dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. La decorrenza del termine è sospesa o interrotta in caso di esercizio di azioni preliminari o interruzione del processo.