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LAVORO E SICUREZZA ANCHE NEL TERZO SETTORE

 I VOLONTARI SONO LAVORATORI 

Esatto, lavoratori anche se non retribuiti. 

C’è un’affermazione che da sempre mi ispira ed è di S. Agostino:  

“ama e fa ciò che vuoi”.  

Nella sua semplicità e profondità, rivela diverse dimensioni che vorrei proiettare nel mondo del Lavoro e soprattutto nell’area del non profit. 

Se amo, se un’organizzazione agisce per amore, il suo direttivo insieme a tutti i collaboratori e volontari pure, allora è libera di operare e fare ciò che desidera perché questo suo agire non sarà mai a danno di nessuno, a maggior ragione dei suoi lavoratori anche volontari. 

Ed ecco un aspetto che è bene sottolineare, per la legge D.Lgs. 81/08, anche i volontari sono lavoratori. Anche un’organizzazione di volontariato deve rispettare la normativa pure in presenza di soli volontari, per questo c’è l’obbligo di assicurare i volontari che prestano il loro servizio in forma continuativa e in eventi o iniziative associative. 

Naturalmente parametrando il tutto alla dimensione e realtà specifica dell’ente.  

Quello che conta è rispettare lo spirito e obiettivo della norma, cioè essere consapevoli dei rischi e dei pericoli, prevedibili ed eccezionali, a cui potrebbero incorrere le persone che operano e agiscono per l’organizzazione, dalla più piccola APS, ODV all’Impresa Sociale o Fondazione. 

Quindi è importante per l’organizzazione ed il suo responsabile legale, predisporre un documento di valutazione dei rischi, DVR, che sarà semplice o complesso a seconda della realtà. 

Il rappresentante legale e il direttivo o chi secondo lo statuto governa l’ente, è il datore di lavoro anche nei confronti dei volontari. 

In sintesi, il decreto indica due obblighi fondamentali per il datore di lavoro che non si possono delegare. Il primo è proprio la valutazione dei rischi con le misure messe in atto per limitare o annullare i rischi. Il secondo è la nomina del responsabile della sicurezza, RSPP. 

Forse alcuni non ritengono di avere rischi come associazione ma basta che le attività si svolgano in un locale anche parrocchiale, ancor più per ASD, per esempio, oppure si faccia attività all’esterno e si spostino carichi o si guidano mezzi anche solo per accompagnare o trasportare materiali.

Ancora più delicata la realtà delle associazioni che operano nei servizi e supporto alle persone malate e con fragilità ancor più se minori. 

Insomma,

per far bene il bene serve amare e amare è un verbo di azione e non passivo, pertanto dove c’è azione c’è rischio e se c’è rischio significa che si sta facendo e per questo serve attenzione e valutazione da cui la misurazione, la prevenzione e quindi la cura nei miglioramenti. 

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